In
cammino... verso la felicità
Storie:
le più affascinanti
biografie che mai si siano lette
Le
nostre foto
[photogallery/photo30243/real.htm]
Pubblicazioni fcpps
Rivolgiti al Beato Tommaso M.
Fusco:
dal cielo
intercederà per te
Sorrisi... dal Mondo
Bpath Contatore
Gli Amici
Parrocchia di Martirano
www.cattolici.net
| |
Questa pagina offre la possibilità di
conoscere semplici
storie di anime grandi che,
nella Carità del Sangue hanno
vissuto nel nascondimento e nella
donazione quotidiana
allo Sposo di Sangue la loro vocazione all'Amore
|
Sr. Alfonsina
Don Tommaso la ritenne
veramente cresciuta la sua Aminta, se sollevò per lei il velo col quale
durante quegli anni aveva accuratamente nascostola pesantezza di quel
fardello che ormai lo stava portando alla fine...(dall'articolo)
|
|
Sr.
Celestina
Ieri come oggi, di generazione in generazione,
fortunatamente, nella Congregazione c’è stato chi ha voluto sapere, e,
ringraziando Dio,i giorni trascinandosi dalla Chiesa al coretto e
viceversa: Sr. Celestina.
|
|
Sr. Pacifica e Sr.
Gerardina. Quando si dice: "Due cuori e una capanna".
I due cuori – grandi, grandissimi, sconfinati così come
servivano per coprire l’oceano – erano quelli appunto di Sr. Gerardina e
Sr. Pacifica; uno scantinato in un sobborgo dell’America fuligginosa del
primo novecento, fu la loro prima abitazione...(dall'articolo)
|
|
Chiarina: compagna di cammino
L’icona
più cara ai nostri occhi, immortalata dalle testimonianze della
stessa Chiarina, è di una serenità sorprendente, e ritrae Tommasino
serio e compunto,tutto intento ad “officiare” la sua “Messa” su un
altarino di pietra nel giardino di casa, avendo quale altrettanto seria
e compunta inserviente, la docile Chiarina...(dall'articolo)
|
|
Sr. Marcellina:
quando semplicità e simpatia entrano in Convento
Il giorno della Vestizione: l’abito bianco da
sposa, gli occhi limpidi di bimba, lo sfavillio di una lacrima, ma
di gioia, il sorriso puro, le guance rosse della gioventù sul pallore
dell’emozione.
Cara, piccola, sorellina, icona sempre giovane della
nostra vocazione alla felicità, insegnaci a “marciare” anche noi verso
il Signore con l’entusiasmo dei tuoi passi gioiosi, con la semplicità
del tuo eterno sorriso...(dall'articolo). |
|
Con
frode e gelosia
“Senza frode ho appreso la
sapienza e senza invidia la dono” (Sap 7,13). Questo brano sapienzale ha una
dolcezza e una musicalità che mi ha sempre affascinata, ma applicato a me,
proprio quel dolcissimo significato stride miseramente: di me, io non potrò mai
dirlo. Perché la maggior parte di quello che so, io l’ho succhiato, arraffato,
rubato quanto e più ho potuto, ovunque e comunque, mezzi leciti o meno: l’ho, in
altri termini, sistematicamente frodato. Aiutata dal sistema, certo, ma non per
questo giustificata, anzi, quel sistema fatto di giaculatorie del tipo: “Ai miei
tempi le novizie… ai miei tempi le giovani professe…” avrebbe dovuto scoraggiare
ogni forma di intraprendenza, ma, si sa, il sangue è una materia difficile da
gestire.
Ho incontrato Madre Albina
ancor prima di entrare in Comunità: ed è stato un bell’incontro. I ricordi di
coloro che furono sue novizie, ormai mature alla vigilia di un cinquantesimo,
suonavano dolci e fomentavano quel naturale, innocente slancio che è prerogativa
assoluta di un’alba vocazionale.
Ho scontrato Madre Albina al primo confronto diretto con la Comunità: ed è
stato un bello scontro… di quelli col botto. Disordinata, confusionaria e
chiassona per vocazione, per arte e senza colpa, il ritornello lo conoscevo a
menadito: “Dovevi stare sotto Madre Albina… l’avessi fatta con lei questa bella
alzata d’ingegno…”.
Ricordo la carità di una consorella che, piena di zelo, si era riproposta di
farmi amare l’ordine: “Sai, la nostra M. Maestra, Sr. Albina, ci diceva sempre
che Dio è ordine”. All’epoca io ero candida come “l’acqua dal ciel piovuta”
perciò la mia risposta non recava l’ombra di volontà polemica: “Che Dio è amore
ci credo perché me lo dice S. Giovanni… quest’altra definizione, invece, non
l’ho mai trovata nella Scrittura”.
Quel giorno, seppur tacitamente, sembrava segnato il divario che mi avrebbe
irreparabilmente separata da Madre Albina, “per incompatibilità di carattere” si
sarebbe potuto dire… di fatto non fu così. D’altra parte non è detto che la
gente destinata ad amarsi sia costretta ad andare d’amore e d’accordo su ogni
minimo particolare della vita, anzi, si dice che queste cose funzionino un po’
come per i magneti: ad attrarsi sono i poli opposti. Manco a dirlo, Madre Albina
ebbe pietà di questa figliolina tanto diversa da lei e dal suo modello di
santità, così quel giorno decise di accostarsi a me, prendermi per mano e
guidarmi (o, alla meglio, trascinarmi) per la buona strada . Dal canto mio, io
imparai ad amarla, il come e il quando sono cose nostre, a voi basta sapere il
perché.
Ma a nessuna sarà sfuggito quel movimento repentino, e alla fine
innocentemente spontaneo, che avevo allorquando sentivo parlare di lei: avevo
l’impressione che perfino le mie orecchie si fossero dotate di moto proprio.
Dall’indifferenza, al solo sentirla nominare, scattavo oltre la soglia di
vigilanza pronta a prendere tutto quanto mi era possibile, a domandare,
chiedere, implorare ed elemosinare senza decoro anche solo una parola in più su
di lei. Ho idea che nessuna delle sue figlie da me conosciute possa vantare di
essere riuscita a sottrarsi ai miei strenui assalti, ai miei agguerriti
interrogatori: volente o nolente tutte hanno contribuito a darmi qualcosa di
lei.
E ciò che di Madre Albina non sono riuscite a darmi loro con i loro ricordi,
l’ho appreso dai suoi scritti, i pochi su cui sono riuscita a mettere gli occhi.
Sono tesori di un’anima cui non si può che accostarsi con delicatezza e tremore,
con affetto e partecipazione. Non si può che amare quelle poche righe spesso
scritte a matita, appunti gettati lì da un cuore di cui solo in paradiso, forse,
comprenderemo la profondità e la capacità struggente di una passione che la
bruciava, consumandola d’amore per Dio e per la Congregazione.
Penso che tutte leggendo quell’ultima gemma: “…Fino a morirne”, –
pervenutaci come atto d’amore, posso assicurarlo, anche da parte di chi ha
deciso di pubblicarla - ha sperimentato la contagiosità benefica di quella
febbre d’amore per la Congregazione.
C’è poi un’altra fonte preziosa, indiretta forse, ma che ben utilizzata può
risultare estremamente fruttuosa: la Positio. All’epoca del Processo
Informativo sulle virtù del Fondatore, Madre Albina contava appena 42 anni,
eppure si rivela una teste estremamente importante: ha spulciato con
responsabile scrupolo e amorosa curiosità tutti gli scritti del Fondatore, ma
ciò che risulta per noi più importante, è che ha maturato una spiccata
familiarità – e non è un’esagerazione – con i tratti spirituali e caratteriali
di Tommaso M. Fusco. Lo conosce, lo capisce, lo intuisce e previene… sono i
misteri di anime grandi che si parlano col cuore attraverso il tempo per mezzo
di poche righe scritte. Ma di questo rapporto speciale godiamo anche noi:
parlando del Fondatore Madre Albina non può che parlare di se stessa, esprimendo
tra le righe la propria spiritualità in sintonia – se non in simbiosi - con
Tommaso M. Fusco, pur manifestando spesso, e con una semplicità che commuove, lo
sforzo e la fatica del cammino nella sequela di questo esigente maestro.
È dalla sua deposizione nella Positio che ho potuto ricostruire
l’attimo, il Big-Beng come mi piace definirlo, della nascita della
Congregazione, del suo concepimento nel cuore del Fondatore: ma questa è
un’altra storia… eppure è stata una sua espressione di meraviglia, conservata
tra quelle pagine così ufficiali, che – messa insieme a spezzoni di racconti
fattimi soprattutto da Madre Ofelia - ha catturato la mia attenzione e
focalizzato tutti i miei sforzi di ricerca. In quell’occasione, e solo per un
attimo, anch’io sono stata un anellino di quella catena grazie alla quale la più
bella tradizione della Congregazione rivive nella riscoperta del Carisma: lo
devo a Madre Albina, ma anche a chi ha voluto, consapevolmente o meno, mettermi
a parte dei propri ricordi su di lei, raccontando, ricordando, accettando spesso
di essere amabilmente circuita, insidiata dalle mie domande esplicite o meno,
acconsentendo più spesso ancora di essere vittima di quella sistematica,
fruttuosissima arte della frode che ho affinata nel tempo.
“Con frode ho appreso la sapienza… con gelosia la dono”. Sì, con gelosia:
senza invidia, cioè, ma con gelosia, con quel sentimento che tanto sa di
passione d’amore.
Ciò che si apprende con fatica e col gusto proprio della fatica, si dona con
gioia, ma con l’umile e decisa pretesa che sia un dono riconosciuto in tutta la
sua preziosità: come tesoro della Congregazione che va custodito con gelosia,
tramandato con passione, ruminato con gusto, riattualizzato e vivificato con
amore…costi quel che costi.
|